Una lezione, a modo suo

Roberto Beccantini25 gennaio 2014

Come una giacca che ognuno tira dalla sua parte. La Lazio ha colpito una traversa e un palo. La Juventus ha giocato in dieci dal 24’ del primo tempo. Fin lì, aveva nascosto la palla a tutti, anche a se stessa. Netto, il rigore, e corretto, il rosso, inflitti a Buffon. Già in precedenza, sempre su Klose, aveva rischiato un pasticciaccio alla Bertolacci. Li vorremmo tutti Nembo Kid, i nostri eroi in mutande, ma sono uomini anche loro.

Reja ha ridato serenità alla Lazio. Appartiene alla scuola italianista: per questo, ha atteso troppo nella caccia al raddoppio e quando ha inquadrato il bersaglio, gli è andata male. La capolista veniva dal k.o. di Coppa e dal caso Vucinic-Guarin. Era al completo, questa volta, con Marchisio al posto di Pirlo (per scelta). Il calcio è proprio buffo. Inserito Storari, bravo e fortunato sul tedesco, e tolto Asamoah, Conte non ha effettuato cambi. Giocava in dieci, mi sarei aspettato almeno Pirlo.

I fantasmi sono diventati i trascinatori: alludo a Llorente (nove gol, tutti su azione), Tevez, Vidal, Pogba. E’ stata una reazione d’orgoglio, non più razionale di quanto consentissero le risorse, il teatro, gli avversari. Già a Cagliari e con la Sampdoria la banalità del bene (otto reti) aveva nascosto certe crepe (tre reti, e potevano essere il doppio). Non tenderei a sottovalutare il penalty. Non è caduto dal pero, ma da un lancio verticale «letto» male da Ogbonna.

Una lezione, nei suoi eccessi. I pro: lo spirito, la voglia di forzare il destino. I contro: le amnesie in area, da Buffon al reparto, l’improvvisa dieta di occasioni. Il mercato chiude venerdì, Conte ha perso Vucinic: contento lui… Ci sta, dopo dodici vittorie, di alzare il piede dall’acceleratore. Il palpitante braccio di ferro con la Roma passerà, domenica sera, dal derby con l’Inter. Fuoco alle polveri.

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Così imparo

Roberto Beccantini21 gennaio 2014

Lo confesso: avrei fatto la stessa formazione che ha schierato Conte. Oh Dio, avrei provato almeno a tirare in porta, ma questo è un altro discorso. Sabato la Juventus torna all’Olimpico, c’è la Lazio: non dimentichiamolo. Non poteva che vincere la Roma: l’unica che ha attaccato e centrato la porta (una volta, una sola, ma le è bastato). Il 3-0 di Torino aveva rimescolato, e spostato, gli stimoli.

Sul contatto tra Benatia e Giovinco, la dizione «fallo da ultimo uomo», come ha scritto il lettore Fabrizio, è stata cassata dal regolamento. Vige, quale discriminante, la chiara occasione da gol. Con la palla, spiovente e non ancora tra i piedi della pulce juventina, Tagliavento ha optato per il giallo. Si era una decina di metri fuori area. Un’applicazione rigorosa del regolamento avrebbe giustificato il rosso.

Sul gol di Peluso, e la palla dentro o fuori di Isla, non resta che fidarsi dell’assistente Manganelli. Sono sicuro che «pazienti» come Cristiano Poster e Riccardo Ric non si discosteranno molto dalla mia analisi. Concedo loro la supposta del «cosa sarebbe successo a parti invertite»: gli armadietti ne sono pieni.

Una sola squadra in campo. Va detto. La Roma. Sterile, monotona, cinchischiante: tutto quello che volete. Solo lei, però. Ha giocato senza centravanti e ha vinto con un gol «da» centravanti, firmato Gervinho. Quando si dice il destino.

Al Chelsea, Mourinho passa da Eto’o a Fernando Torres. Conte, da Lichtsteiner-Asamoah a Isla-Peluso e da Tevez-Llorente a Quagliarella-Giovinco (mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa). Traslochi «agghiaccianti». Non sono contro il catenaccio, ci mancherebbe. Sono contro il catenaccio quando non produce contropiede. Dipendesse da me, riporterei subito a casa Vucinic, non prima di aver ringraziato l’Inter per essersi ritirata. Concertante.

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Strano ma suggestivo

Roberto Beccantini20 gennaio 2014

Strano, molto strano, lo scambio Vucinic-Guarin tra Juventus e Inter. Mazzarri cercava un attaccante da affiancare a Palacio: Milito recupera adagio, Icardi ha un sacco di problemi, Belfodil è stato offerto a tutti. Con Mirko Vucinic, 31 anni a ottobre, l’allenatore copre un buco. E’ il primo colpo dell’era Thohir. In ambito interista, l’operazione ha una sua logica.

Fredy Guarin, 28 anni a giugno, sembrava sul punto di passare al Chelsea. Thohir ne aveva messo in discussione, addirittura, la voglia di Inter. E’ un Vidal anarchico dalla falcata poderosa e il gran tiro. Ci fu molto di suo nel celeberrimo 3-1 che, la sera del 3 novembre 2012, spezzò la serie della Juventus.

Il colombiano può fare la mezz’ala, il trequartista e (per Conte) anche l’esterno: nelle ultime uscite Mazzarri l’aveva preferibilmente schierato dietro a Palacio, nel 3-5-1-1. Si va ad aggiungere a un centrocampo già di per sé raffinato e tosto – Marchisio, Pirlo, Pogba, Vidal – può giocare in Europa League, offre stimolanti alternative. Il suo senso di calcio brado dovrà scendere a patti con la razionalità tattica di Conte. Voce di popolo: e se Guarin fosse stato reclutato in vista di una partenza eccellente (Marchisio, Pogba o Vidal?). Con gli sceicchi alle porte, tutto è possibile. Non penso, però, entro gennaio. Al massimo, in estate. E poi non è detto.

Guarin era titolare, Vucinic riserva. Il montenegrino è stato pedina cruciale degli ultimi due scudetti. Prima punta, seconda punta, bagliori di classe tra nuvole di sieste. Mirko, mannaggia a lui, si è sempre specchiato nel suo ego di «campione a prescindere». Fosse stato meno pigro, e meno fragile, si sarebbe fatto un baffo di qualsiasi concorrente. Dimenticavo: e le sirene dell’Arsenal?

La Juventus resta, così, con quattro punte: Tevez, Llorente, Quagliarella, Giovinco. Ne arriverà un’altra? Dubito. Chi scrive, si sarebbe tenuto Vucinic. Conte ha deciso diversamente.